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L'Arte

L'Arte

 

Cari amici Poeti e navigatori la rassegna continua con alcuni testi preparati per la

DECIMA EDIZIONE CONCORSO NAZIONALE DI POESIA

“Ischia l’Isola Verde” dedicato all’Arte (anno 2012)

 

Il Concorso di Poesia “Ischia l’Isola Verde”, nato nel 2002 fino alla 3a edizione ha avuto il nome di “Città di Panza” e dalla 4 a alla 7a quello di “Panza – Isola d’Ischia”. Esso è organizzato dall’“Associazione Giochi di Natale”. Il Concorso ha lo scopo di stimolare la riflessione e la creatività e promuovere i valori umani, sociali e culturali. Il tema è libero ma in ogni edizione c’è una sezione speciale e una dedica, che possono anche coincidere. Sono premiate le prime 3 poesie in assoluto e le prime 3 della sezione speciale, il primo classificato tra i giovani (fino a 19 anni) e il primo tra i giovanissimi (fino a 14 anni) e la più bella poesia in dialetto. Un premio speciale è assegnato da una giuria popolare durante le premiazioni. In alcune edizioni sono stati assegnati dei premi per i contenuti e gli aspetti formali. Le opere, originali, non devono aver partecipato a edizioni precedenti del nostro Concorso né aver vinto premi in altri Concorsi. Esse possono essere in lingua italiana o in dialetto; queste ultime possono essere accompagnate da una traduzione in italiano. Le opere sono pubblicate oltre che nella presente raccolta anche sul sito Internet www.giochidinatale.it, dove si possono trovare gli elenchi dei vincitori, il regolamento completo e notizie sulle altre iniziative dell’Associazione. Quest’anno la sezione speciale è su “Sogno e realtà”; tutti abbiamo bisogno di sognare ma sarebbe pericoloso alienarsi dalla realtà. L’Arte, come il sogno, è essenzialmente un atto creativo, e ci permette di rappresentare il sogno.

Nella parte introduttiva trovate degli approfondimenti sui temi del sogno, della realtà e dell’arte e un ricordo di “Peperone”, al secolo Michele Petroni, un artista che ha cercato di vivere i suoi sogni. A lui è dedicata la Mostra d’Arte al Museo del Torrione, dal 21 aprile al 1° maggio 2012, a cura della nostra associazione.

 

Tra sogno e realtà

Il sogno è una rarefazione della realtà o è una realtà in sé?

Il bisogno di sognare è connaturato nell’uomo e lo ha caratterizzato sin dalla sua comparsa sulla Terra. La creazione di una realtà superiore ha offerto all’uomo la possibilità di vincere la finitudine e la transitorietà del reale. All’inizio c’era il mito: l’uomo spiegava le cose del mondo attraverso l’interpretazione creativa degli eventi. Con il trascorrere dei secoli, dal mito sono scaturite le grandi narrazioni epiche, i racconti e le fiabe. Grazie alla fantasia, l’uomo ha creato un universo immaginario così bene avviluppato al mondo reale da confonderne i confini così come labili sono i confini tra sogno e poesia. Sottili sono le affinità che legano la sfera del sogno a quella dell’attività poetica. La poesia, come il sogno, sgorga dall’inconscio. Entrambi sono essenzialmente linguaggio, un linguaggio che parla per immagini: attingono alla realtà e trasformano il dato concreto in un’elaborazione pittorica in grado di restituirci la forza delle emozioni originarie che nessuna rappresentazione potrebbe mai fornirci. La creazione poetica come l’attività onirica, rinviano ad una necessità interpretativa. Il sogno è un viaggio nella profondità dell’anima e l’atto poetico partecipa di quest’avventura.

Prof.ssa Daniela Russo

 

 

 L’Arte, nutrimento dell’anima

L’arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana, svolta singolarmente o collettivamente, che porta a forme creative di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza. Nella sua accezione odierna, l’arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni, per cui le espressioni artistiche, pur puntando a trasmettere “messaggi”, non costituiscono un vero e proprio linguaggio, in quanto non hanno un codice inequivocabile condiviso tra tutti i fruitori, ma al contrario sono interpretate soggettivamente. Nel suo significato più sublime, l’arte comprende ogni attività umana creativa di espressione estetica, priva di qualsiasi pregiudizio da parte dell’artista (o del gruppo di artisti) che compie l’opera rispetto alla situazione sociale, morale, culturale, etica e religiosa che le masse del suo tempo stanno invece subendo. L’arte indica l’espressione estetica della propria interiorità; in questo senso non v’è concetto di bellezza. L’arte può essere considerata anche sotto l’aspetto di una professione di antica tradizione svolta nell’osservanza di alcuni canoni codificati nel tempo. Le professioni artigianali discendono spesso dal Medioevo, quando furono in qualche modo sviluppate come attività specializzate e gli esercenti arti e mestieri vennero riuniti nelle corporazioni. Ogni arte aveva una propria tradizione, i cui concetti fondamentali venivano racchiusi nella regola dell’arte, cui ogni artiere doveva conformarsi.   Analizzando la storia del concetto di arte vediamo che nel corso del tempo esso subisce una trasformazione graduale ma radicale. Dal latino: Ars, o dal greco: Τέχνη il vocabolo indica la capacità umana di fare un qualsiasi oggetto. La capacità consiste nella conoscenza delle regole. Che cosa intendessero per “arte” gli antichi può essere compreso se si pensa alle nove Muse, che proteggevano e personificavano le diverse arti. Nell’elenco, in cui curiosamente mancano le arti figurative come la pittura e la scultura, sono invece rappresentate soprattutto le arti dello spettacolo: la danza (Tersicore), la tragedia e la commedia (rispettivamente Melpomene e Talia), il mimo (Polimnia), nonché i vari tipi di poesia, che nell’antichità, anche se scritta, era destinata soprattutto ad essere declamata o cantata: epica (Calliope), amorosa (Erato) e lirica (Euterpe). Sono inoltre comprese tra le “arti” protette dalle muse due discipline che noi oggi comprendiamo invece tra le scienze: la Storia (Clio) e l’Astronomia (Urania).  Nel Medioevo si cominciano a rivalutare le arti comuni, che verranno chiamate meccaniche, ma continueranno ad avere un ruolo subalterno rispetto alle arti liberali. Dalle arti “meccaniche” vennero escluse diverse di quelle che noi oggi chiamiamo “belle arti”, come la pittura e la scultura; le arti liberali e meccaniche erano state ridotte al numero di sette, e tra quelle che richiedevano lo sforzo fisico, si annoveravano soltanto le arti che miglioravano la vita dell’uomo, che lo nutrivano, lo riparavano dalle intemperie, ovvero quelle arti il cui punto peculiare era l’utilità quanto la piacevolezza. Si conoscono, di queste arti meccaniche medievali, due elenchi di riferimento: quelli di Ugo di San Vittore e Rodolfo di Longo Campo. La poesia non rientra ancora nell’ambito concettuale dell’arte finora indicato, perché il poeta era considerato un vate che componeva i versi ispirato dal Dio. Non esisteva la regola nelle composizioni poetiche, almeno per quanto riguarda il contenuto. A fornire il contributo essenziale affinché la poesia fosse considerata un’arte, fu Bernardo Segni che nel 1549 tradusse in volgare la Poetica di Aristotele, opera in cui lo Stagirita già annoverava la poesia tra le altre arti. La condizione sociale degli artisti, che migliorò notevolmente nel corso del Rinascimento, contribuì a separarli dagli scienziati e dagli artigiani. Nel 1735 Baumgarten conia il termine estetica utilizzandolo per la prima volta nella propria tesi di laurea. Dalla fine del Settecento cominciarono le prime crisi del concetto di bello e di arte. Stavano nascendo nuove forme di espressione come la fotografia, l’architettura industriale, l’oggettistica per la casa, e bisognava far in modo che esse rientrassero nel concetto di arte. Per tale motivo nel Novecento si è abbandonata l’idea di una definizione onnicomprensiva di arte e di opera d’arte. Il termine arte diventa un concetto aperto, in cui tutte le possibili definizioni dell’arte confluiscono.  Il Novecento si fa portavoce della crescita intimista portata avanti dai pensatori del secolo precedente, ma rinnova le necessità più interiori dell’artista e si fa portavoce dell’innovazione tecnica, di cui i nuovi materiali (il ferro e gli elementi prefabbricati) sono gli elementi fondamentali. All’interno del “Modernismo” si riassumono e interagiscono le correnti artistiche che nei precedenti due decenni interpretano e affiancano lo sforzo progressivo della civiltà industriale. Quando all’entusiasmo per il progresso industriale segue la consapevolezza della trasformazione che opera nelle strutture della vita e della società, attorno al 1910, all’interno del “Modernismo”, si formano le “avanguardie” artistiche con l’obiettivo di mutare le modalità e le finalità dell’arte.

In questo contesto s’inserisce il tema attuale” Sogno e realtà”.

Una nota trasmissione televisiva inizia con la domanda: la vita è un sogno e sogni aiutano a vivere? Come sarebbe la vita senza sogni? Chi ha trattato più ampiamente questa ipotesi è Schopenhauer, nel libro Il mondo come volontà e rappresentazione A. Schopenhauer osserva che dopo che la “realtà” si è rivelata come rappresentazione del soggetto, diventa molto difficile distinguerla dal sogno, esiste un criterio sicuro per distinguere sogno e realtà, fantasmi e oggetti reali? Addurre la minor vivacità e chiarezza dell’immagine sognata rispetto a quella reale, non merita alcuna considerazione; perché nessuno ancora ha avuto presenti contemporaneamente l’uno e l’altro per confrontarli, ma si poteva confrontare soltanto il ricordo del sogno con la realtà presente. Kant risolve così il problema: “Il rapporto delle rappresentazioni fra loro secondo la legge della causalità distingue la vita dal sogno”. Ma anche nel sogno ciascun particolare dipende parimenti in tutte le sue forme dal principio di ragione, e questo si rompe soltanto fra la vita e il sogno e fra i singoli sogni. La risposta di Kant potrebbe quindi essere formulata così: il lungo sogno (la vita) ha in sé connessioni costanti secondo il principio di ragione, ma non le ha con i sogni brevi; sebbene ciascuno di questi abbia in sé la stessa connessione: fra questi e quello è dunque rotto il ponte, e in base a ciò si distinguono tra loro. L’unico criterio sicuro per distinguere il sogno dalla realtà è, in effetti, quello empirico del risveglio, col quale in verità il nesso causale fra le circostanze sognate e quelle della vita cosciente viene espressamente e sensibilmente rotto.

La vita e il sogno sono le pagine di uno stesso libro. La lettura continuata si chiama la vita reale. Ma quando l’ora abituale della lettura (il giorno) è terminata e giunge il tempo del riposo, allora noi spesso seguitiamo ancora pigramente, senza ordine e connessione, a sfogliare ora qua ora là una pagina: ora, è una pagina già letta, ora una ancora sconosciuta, ma sempre dello stesso libro. Una pagina letta così isolatamente è senza connessione con la lettura ordinata: tuttavia non rimane molto indietro a questa, se si pensa che anche il complesso della lettura ordinata cominci e finisce all’improvviso, e si deve quindi considerare solo come un’unica pagina più lunga. Anche se, dunque, i singoli sogni sono distinti dalla vita reale perché non entrano in quella connessione dell’esperienza, che costantemente continua per tutta la vita; anche se il risveglio rivela questa differenza; tuttavia è proprio quella connessione dell’esperienza che già appartiene, come sua forma, alla vita reale e il sogno stesso mostra anch’esso una connessione, che si trova a sua volta in sé stesso. Se, dunque, per giudicare, scegliamo un punto di riferimento esterno a entrambi, non troviamo nella loro essenza nessuna distinzione precisa e siamo così costretti a concedere ai poeti che la vita è un lungo sogno. Quante volte abbiamo sentito l’espressione “…sogni ad occhi aperti” e magari l’abbiamo usata proprio noi stessi per richiamare qualcuno alla realtà: ma quale realtà? Certo, tutto ciò che è materiale, tangibile, per noi è reale e indubbiamente lo è, ma i sogni appartengono a quel mondo ‘non-fisico’ che fa parte della nostra vita. Ogni giorno immaginiamo come sarà la realtà, la nostra vita, proiettata nel futuro, sia che si tratti di attimi che di anni: “Quando mi laureerò cercherò il lavoro che fa per me” oppure “Adesso vado e gli dico… e se dovesse rispondermi così, gli dirò… “; cosa distingue questi pensieri da quelli che chiamiamo sogni? Proprio nulla. Quando si avverano, diventano realtà ma non per questo perdono il loro diritto di nascita: restano sogni.  Non tutto, però, brilla del nostro piacere e non sempre ciò che accade gratifica tutti i coinvolti, ci sarà sempre qualcuno che proverà angoscia anziché gioia nella medesima situazione. A volte l’ansia di un incubo è tanto forte da risvegliarci, da farci aprire gli occhi per sfuggirla ma se questo ci capita da svegli, cosa facciamo? Di fronte ad una scena terribile, istintivamente, chiudiamo gli occhi e lo stesso facciamo con quegli occhi della mente che ci proiettano in quelle mille realtà immaginate che ci aspettiamo si materializzino. Avete mai sentito l’espressione “vivi ad occhi chiusi”? Sarebbe il giusto contraltare a ‘sogni ad occhi aperti’ ed una presa di coscienza irrinunciabile: gli incubi sono sogni mal riusciti ma fanno pur sempre parte della nostra realtà-mondo, non possiamo ignorarli finché ne abbiamo la possibilità. Sogniamo e viviamo ad occhi aperti, affrontiamo gli incubi con la forza dei sogni e forse ci proietteremo in una realtà più vicina ai nostri desideri.

Paola e Luigi Castaldi

 

Peperone

L’ultima tenera immagine di Peperone, che rimarrà per sempre nel ricordo di noi sorelle, è quella del dodici dicembre 2011, giorno del suo compleanno, festeggiato a Procida, quarantotto ore prima che ci lasciasse per sempre: con il suo viso bonario, il passo lento, degli ultimi anni, e una grande borsa con fiorellini colorati, nella quale aveva messo il panettone regalatogli da nostro fratello, una macchina fotografica usa e getta, una scatola di sigari, una matita e dei botti.

A circa cinque mesi dalla sua morte, quel borsone contenente pochi e semplici oggetti, che egli stringeva nella mano nelle stradine di Procida, dà il senso di ciò che è stata la sua essenza in questa vita terrena. Adesso che ci penso, con profonda angoscia, quel suo incedere lento e stanco sembrava perdersi verso l’infinito.

È vissuto da uomo libero, fuori dagli schemi e dai condizionamenti che la società impone. Era semplice nell’esprimersi e nel rapportarsi agli altri: Fortemente critico verso le istituzioni politiche e religiose: da qui la sua scelta di essere laico fino in fondo, al punto di aver deciso, giovassimo, di rinunciare a funzioni sacre, dogmi, dottrine. Forse è per questo che il suo funerale sembrava una festa, poiché è stato vissuto senza il triste grigiore dei riti funebri. Su al Torrione sono venuti in tanti per dargli un ultimo saluto. Giovani e meno giovani avevano tutti qualcosa da raccontare circa le sue storie fantasiose, aneddoti, barzellette.

C’era un’atmosfera serena con le musiche, natalizia e classica; era quest’ultima che Peperone ascoltava quando dipingeva.

Simbolicamente è stato offerto anche il vino, così com’era sua consuetudine fare quando riceveva amici. Nelle sue centinaia di opere sparse in tutto il mondo, ha raccontato la poesia, il sogno, l’amore. il disprezzo per il potere e per la ricchezza. Il Torrione e la cupola di San Gaetano, immortalate in tante sue tele, rimarranno i simboli eterni di una Forio che ha amata e anche patita nel vederla distrutta nella sua identità. Con la sua immensa fantasia è riuscito a trasformare la triste realtà in armonia, emozione, speranza.

Vola libero come il vento Michele, nel tuo mondo di giochi, comete, giostre, aquiloni che vanno in alto verso l’infinito. Vola libero nel tuo mondo di eterno fanciullo.

Il cuore di Peperone ha smesso di battere nella notte tra il 13 e il 14 dicembre. Al rientro, sul traghetto che da Procida ci riportava a Ischia, mentre le mie sorelle si erano appisolate, parlò molto e tra le tante cose disse: Clementina tra due giorni non ci sarò più.

 

Clementina Petroni

Brindisi

Buttate un bicchiere di vino verso il cielo.

Quella piccola aria di vento farà arrivare

quell’odore nel luogo della mia pace.

Seppellitemi in questo luogo di pace,

nella solitudine della natura

che offre quel filo sottile di sole

di vento e quando ci sarà

quel fiocco di neve      /

Michelangelo Petroni detto Peperone

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