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L'Attesa

Caro Poeta

Per  metterti a tuo agio nell’approccio al concorso a cui spero tu voglia partecipare e contribuire alla diffusione del XVIII concorso nazionale di Poesia “Ischia l’isola verde” ti illustro alcuni aspetti dell’antologia cartacea che tutti i concorrenti riceveranno e tutti quelli che lo vorranno potranno scaricare dai nostri canali. Ecco l’introduzione curata da mia figlia Paola e da me per l’edizione 2019. Stiamo lavorando all’introduzione per Felicità, la dedica  attuale e ti ricordo che puoi scaricare l’antologia 2019 in pdf dal link in calce.

Un cordiale saluto e

Buona Poesia.

Luigi Castaldi

 

L’Attesa

L’Associazione Giochi di Natale, grata ai Poeti, alle Giurie e a quanti hanno dato il proprio contributo alla fervida discussione sviluppata intorno agli argomenti proposti in questi diciassette anni, intende sottolineare il fil rouge che accomuna le ultime tre edizioni dedicate a Fede e Ragione; La Libertà e Migrazioni di cui puoi scaricare il pdf dal nostro sito www.giochidinatale.it/

Con la dedica di questa edizione, L’Attesa, inizia un nuovo ciclo più intimistico, che riguarda non solo le proprie aspettative personali dall’imminente o prossimo futuro, ma anche le prospettive universali dell’umanità. Ci inoltreremo sicuramente in un cammino difficile, pieno di asperità e ostacoli che, con l’aiuto della Giuria e dei Poeti siamo certi di superare insieme.

Per poter introdurre il tema trattato in questa edizione è necessario fare una premessa per cercare di rispondere alla domanda: ma che cos’è il tempo?

Cosa intendiamo esprimere con il concetto di “Tempo”?

Secondo le nostre conoscenze nulla è più misterioso ed enigmatico del tempo; esso ci appare come la forza più grande ed inarrestabile dell’universo, che ci accompagna inesorabilmente dalla culla alla tomba. Di fatto è l’unica nostra vera proprietà che, volendo, possiamo gestire a nostro piacimento e che, quando non sarà più a nostra disposizione, non porteremo con noi, al pari di ricchezze o beni accumulati.

Che cos’è dunque il tempo?

Secondo le enciclopedie, il tempo è la dimensione nella quale si concepisce e si misura il trascorrere degli eventi. Esso induce la distinzione tra passato, presente e futuro.

Scienziati, poeti, artisti e filosofi, hanno provato a descrivere quello che è uno dei grandi quesiti irrisolti dell’uomo.

Lo scorrere del tempo, secondo l’attuale conoscenza umana, inizia dalla nascita dell’universo, Fin dai barlumi della civiltà l’uomo, per dominare sul pianeta si è prodigato a scandire il tempo. Regolando dapprima i propri ritmi in base all’alternanza dei movimenti solari e lunari, l’uomo ha stabilito gerarchie e ordini nello svolgimento della vita quotidiana. Poi ha ideato strumenti atti a ingabbiarne la durata. Dalla clessidra alla meridiana, dagli studi sul pendolo di Galileo Galilei, al brevetto del relativo orologio a pendolo di Christiaan Huygens che, dall’invenzione dell’H1 di John Harrington, al Rolex, dal quarzo digitale allo stronzio atomico, un affannoso susseguirsi di meccanismi alla ricerca della precisione assoluta che, probabilmente, va oltre le previsioni della vita stessa del pianeta.

I cambiamenti materiali e spaziali regolati dalla fisica determinano, secondo l’osservazione, il corso del tempo. Tutto ciò che si muove nello spazio e/o si trasforma è così descritto anche a livello temporale. L’uomo tende ad associare il tempo ai fenomeni di cambiamento e/o trasformazione, e spesso non riusciamo a realizzare che qualcosa ci sfugge a causa, della nostra fretta di vivere. Se cerchiamo di approfondire l’argomento, sorgono spontanee altre domande. In quale direzione si muove il tempo? Si muove in una sola direzione, dando vita a un presente in costante cambiamento? Esiste ancora il passato? Se esiste, dov’è? Il futuro è già determinato, e ci aspetta, anche se non lo conosciamo?

Lo studio della fisica classica ha sempre cercato di eludere queste domande, demandandole alla filosofia e all’arte, probabilmente a causa della palese autorevolezza di Newton ed Einstein per il modo con cui hanno conformato lo spazio, il moto e il tempo.

Entrambi gli scienziati hanno costruito modelli dell’universo di eccezionale comprensibilità, ma poi, una volta creata l’intelaiatura, non si sono preoccupati eccessivamente delle fondamenta; lasciando adito a potenziali confusioni.

Le loro teorie sono assertrici di grandi verità, ma ambedue danno il tempo come qualcosa di scontato: è un punto fermo al pari dello spazio, un elemento primario. Einstein lo fonde con lo spazio per creare uno “spazio-tempo” a quattro dimensioni; infatti, una delle grandi rivoluzioni della fisica moderna “la relatività”, è completamente imperniata sul “tempo”.

Come non esiste in realtà ciò che noi definiamo “colore” senza il nostro occhio per recepirlo, così un istante, un’ora un giorno, sono indistinguibili senza gli avvenimenti che li caratterizzano; quindi come lo spazio possiamo identificarlo come un possibile ordine di oggetti materiali, così il tempo è identificabile come un possibile ordine di avvenimenti.

Albert Einstein spiegava così la soggettività del tempo “le esperienze di un individuo ci appaiono ordinate in una serie di singoli avvenimenti, che noi ricordiamo apparire ordinati secondo il criterio di anteriore e posteriore. Esiste quindi per l’individuo un tempo suo proprio soggettivo che in sé stesso non è misurabile”.

Noi possiamo associare numeri ed eventi in modo tale che un numero maggiore sia associato ad un avvenimento posteriore, piuttosto che anteriore, e questa continuità possiamo quantificarla per mezzo di un orologio, che è uno strumento nostro utilizzato per contare lo scorrere di una serie di avvenimenti; per cui, mentre noi svolgiamo il nostro lavoro quotidiano, l’orologio allo stronzio di Greenwich batte il tempo terrestre. Sin dai tempi più antichi le diverse concezioni del “tempo” si sono scontrate, per esempio tra i Filosofi Greci. Eraclito sosteneva la necessità dell’eterno scorrere di tutto, e Parmenide sosteneva invece che il tempo ed il moto non esistessero. Ben pochi pensatori nelle epoche successive presero sul serio le idee di Parmenide, per trovarne uno bisogna arrivare sino ai tempi nostri; l’Inglese Julian Barbour teorico di astrofisica e del tempo, il quale sostiene nella sua tesi, che l’eterno fluire di Eraclito non è che una Nostra radicata illusione. Anche Platone è stato influenzato da questa concezione. Secondo la sua celebre definizione il tempo è “l’immagine mobile dell’eternità”. Per Aristotele, invece, è la misura del movimento secondo il “prima” e il “dopo”, per cui lo spazio è strettamente necessario per definire il tempo. Secondo S. Agostino, invece, solo Dio è motore immobile, eterno e immateriale, il tempo è stato creato da Dio assieme all’Universo, ma la sua natura resta profondamente misteriosa, tanto che il filosofo, vissuto tra il IV e il V secolo d.C., afferma ironicamente: “Se non mi chiedono cosa sia il tempo lo so, ma se me lo chiedono non lo so”.

Il filosofo tedesco Immanuel Kant sosteneva, rompendo i canoni della filosofia del tempo, che al centro della filosofia non si deve porre l’oggetto ma il soggetto: il tempo diviene allora, assieme allo spazio, una “forma a priori della sensibilità”. Se gli esseri umani non fossero capaci di avvertire lo scorrere del tempo, non sarebbero neanche capaci di percepire il mondo sensibile e i suoi oggetti che, anche se sono inconoscibili in sé, sono collocati nello spazio. Quest’ultimo è definito come “senso esterno”, mentre il tempo è considerato un “senso interno”: vale a dire che tutto ciò che esiste nel mondo fisico viene percepito e ordinato attraverso le strutture a priori del soggetto e ciò che, in prima battuta, viene collocato nello spazio viene poi ordinato temporalmente. Ad ogni modo, al tempo marcato dall’orologio di Greenwich, o da qualsiasi altro, si contrappone il tempo soggettivo che gli esseri coscienti avvertono in relazione all’ambiente in cui si trovano a vivere; per esempio un minatore che scava in una galleria avverte sicuramente in modo diverso il tempo scandito dall’orologio atomico di Greenwich rispetto ad un ascoltatore seduto nel teatro greco dei “Giardini La Mortella sull’isola d’Ischia” In conseguenza di questa pur lunga introduzione, possiamo calarci nel tema di quest’anno che è “L’Attesa

In relazione, quindi, al nostro modo di vivere il tempo, l’intervallo tra il presente e qualcosa di cui siamo certi, o speriamo che accada viene definita attesa. Tra i più comuni aggettivi per l’attesa sicuramente il primo che sorge alla mente è una dolce attesa che ovviamente è riferito all’evento clou della vita ovvero la nascita di una nuova creatura. Altri aggettivi comuni come spasmodica, snervante, lunga, angosciosa, e via dicendo prefigurano i lati negativi del soggettivo vivere il tempo e la velocità con cui esso stesso trascorre, e che, quando lo viviamo male, vorremmo azzerare. L’attesa, nell’Arte è stata sempre tesa a cogliere il senso dell’immobilità che rapisce i personaggi e li congela nel tempo dove la posa dell’uomo è eterna, un’attesa. perpetua e continua.

Il concetto di attesa trova nella società e nell’arte una gamma di sfumature caratteristiche dove ogni artista che si cimenta a descriverne i vari aspetti, sonda nel proprio animo creativo le astrazioni più nobili e confacenti. Già, per esempio, il sommo Giacomo Leopardi nel “Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere” descriveva lo scambio di idee tra il venditore che cerca di diffondere gli almanacchi con l’auspicio di un anno bello e il passeggero, che incalza il suo interlocutore con una serie di domande tendenti a smitizzare l’ottimismo irragionevole, cioè senza ragioni fondate, dell’altro, prefigurando un’aspettativa, un’attesa di un tempo migliore e più bello. Ma tutta la poesia del sommo recanatese è imperniata sulla ricerca, per il genere umano, della felicità e che, dice il poeta, non esiste se non nell’attesa che essa si realizzi, anche perché, qualora si realizzasse, spesso non ce ne rendiamo conto, salvo a ricordare brevi momenti vissuti. Tra i tanti artisti che si sono dedicati a trasmettere le proprie sensazioni del tempo e dell’attesa ci fa piacere ricordare Vincenzo Caldarelli (Corneto Tarquinia, 1887 – Roma, 1959) che nel suo libro Poesie scelte (Milano, Mondadori 1948), chiosa il proprio vano tempo d’attesa per un’innamorata quanto più sfuggevole, tanto più desiderabile e dove Frutto dell’attesa è dunque l’amore, che, diverso dall’infatuazione, ha bisogno di tempo per esser consapevole e maturo. Attesa quindi come azione propedeutica alla felicità ma essa stessa sinonimo di piacere e letizia.

Paola e Luigi Castaldi

Ed ecco il link per scaricare l’antologia

http://www.iltorrioneforio.it/eventi-2/eventi-2019-da-luglio-a-dicembre/eventi-2019-settembre/9-i-mille-minuti-dellattesa/

 

 

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