L’estate, per chi scrive, può sembrare un tempo sospeso. I concorsi rallentano, le risposte tardano ad arrivare, e le giornate si dilatano in una calma che, a tratti, può diventare inquieta. La mente vaga, la concentrazione vacilla, e il dubbio si insinua: “Sto sprecando tempo? Dovrei scrivere di più? Perché non riesco a produrre come vorrei?”
Eppure, forse, è proprio in questo tempo dilatato che accade qualcosa di importante.
Il silenzio non è immobilità
Scrivere non è solo battere tasti o riempire pagine. C’è una parte del processo che è invisibile, sotterranea, e che spesso avviene quando sembra che non stia succedendo nulla. Le idee maturano lentamente, come frutti al sole. Un’immagine vista per strada, una parola ascoltata per caso, una sensazione fugace: tutto lavora in sottofondo, anche nei giorni in cui non scrivi nemmeno una riga.
L’attesa, allora, non è immobilità. È preparazione.
Aspettare fa parte del mestiere
Ogni scrittore sa cosa significhi aspettare: attendere una risposta, un verdetto, un’ispirazione. Ma nessuno te lo dice con chiarezza: l’attesa non è una parentesi, è parte integrante del mestiere. È quel tempo in cui crescono la pazienza, la profondità, la voce autentica.
Forse non stai scrivendo, ma stai diventando uno scrittore più attento, più sensibile, più vero.
L’estate è un laboratorio invisibile
Ci sono stagioni in cui si produce, e altre in cui si assorbe. L’estate è una di queste. È il momento in cui puoi rallentare e ascoltare. Osservare. Registrare. Le conversazioni al bar, le storie di famiglia raccontate a mezza voce, i ricordi che riaffiorano tra una passeggiata e l’altra: sono tutti materiali grezzi, in attesa di trovare forma.
Anche le pause hanno un loro ritmo creativo.
Non forzare, ma resta in ascolto
È giusto prendersi una pausa. Ma non significa spegnersi del tutto. Puoi tenere accesa la scrittura anche con piccoli gesti: una frase appuntata al volo, un’idea mormorata in un vocale, un’immagine annotata su un quaderno. Non serve molto: solo restare in contatto con quella parte di te che osserva e trasforma.
In conclusione
Scrivere non è solo “fare”, ma anche lasciar sedimentare. Le storie hanno bisogno di tempo per crescere, proprio come noi.
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Non sentirti in colpa se non stai scrivendo: stai comunque nutrendo il tuo sguardo.
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L’estate è fatta per ascoltare, osservare, vivere: tutto tornerà utile.
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Annota anche solo un frammento al giorno: manterrai vivo il dialogo con la tua voce.
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Fidati del silenzio: quando arriverà il momento di scrivere, saprai esattamente da dove partire.
E tu? In questo momento stai scrivendo, o stai aspettando che una storia venga a cercarti?